Il fenomeno Dachsbracke. Io lo definirei così perché ormai questo segugio è entrato a far parte a pieno titolo del mondo della cinofilia venatoria, abbinata alla caccia al cinghiale. Questo piccolo gran segugio, avente come patria l’Austria, riconosciuto ufficialmente ed inserito nel gruppo 6, dalla F.C.I. nel 1991, che riesce a svolgere egregiamente tutte le fasi della cacciata, molte volte è paragonato ad una macchina da guerra infallibile, in effetti, le cose stanno in maniera diversa, ossia si tratta di un segugio, dalla struttura solida, di taglia bassa, costituzione robusta, dal mantello fitto, selezionato nelle zone alpine e dei monti Metalliferi, da solo doveva espletare la caccia a diversi selvatici, con l’onere di recuperare anche la selvaggina ferita, quindi ci troviamo di fronte ad un ausiliario completo e polivalente.-
Le sue caratteristiche morfologiche (vedi standard di razza) e psichiche, frutto di un patrimonio genetico conservato nel tempo, senza immissione di sangue estraneo alla razza, abbinate ad un appropriato ed adeguato addestramento permette al Dachsbracke di svolgere quel lavoro per cui è stato selezionato, ossia ricercare la passata notturna ed in questo caso parliamo del cinghiale, seguirla con passione e sagacia sino alla rimessa e segnalarne la presenza con un forte e sonoro abbaio a fermo, con la conseguente seguita incalzante nel primo tratto ed ad una certa distanza nella fase successiva, con un rientro celere una volta che, il selvatico ha superato le poste.
Dal punto di vista operativo, nell’ambito del prelievo venatorio, questo è il lavoro che il Dachsbracke deve svolgere, chiaramente lo torno a ripetere, tutto ciò si può avere solo con soggetti provenienti da una corrente di sangue formata da cani cacciatori, perché solo il bosco inteso come campo di prova può effettuare la vera selezione, abbinato ad un addestramento specifico che, rispetti anche il tempo di maturazione, evitando in modo assoluto traumi gratuiti in età precoce, solo in questo modo si possono avere dei soggetti che da soli svolgono tutte le fasi della cacciata in maniera egregia.
Come caccia il Dachsbrscke?
Il Dachsbracke si può paragonare ad un concentrato di muscoli, che si mescola con una gran passione per la caccia, requisiti che gli permettono di esprimersi ai massimi livelli nel lavoro a singolo.
La sua cerca non è molto ampia, ma una volta incrociata una passata notturna, in questo caso parliamo del cinghiale, mette il muso a terra e con la coda a sciabola, inizia una manovra di avvicinamento al selvatico allestrato, dopo aver percorso un bel tratto di passata, se si rende conto che il cinghiale si trova fuori del raggio d’azione alla sua portata, rientra dal conduttore e inizia la ricerca di una nuova passata.
Chiaramente per raggio di azione alla sua portata, intendo una passata che si snoda per qualche chilometro, infatti, non a caso, l’associazione che ne tutela la razza, organizza le prove per conseguire il brevetto di cane limiere, con delle tracce della lunghezza minima di un chilometro, effettuata con un cinghiale portato al guinzaglio circa quattro ore prima dell’inizio della prova.
Una volta incrociata una passata notturna, che termina la corsa nel suo raggio di azione (che varia da soggetto a soggetto ) la percorre con tartufo a terra nelle zone prive di vegetazione, mentre alza il naso e annusa i roveti, gli arbusti, cercando ulteriori conferme al passaggio del selvatico.
La passata notturna è seguita senza dare voce, ma una volta arrivato ad un centinaio di metri dalla rimessa, si sentono ad intervalli piuttosto lunghi degli abbai che sfociano in un successivo abbaio a fermo, che si sviluppa sempre ad una certa distanza dal selvatico, questo dimostra la sua grande intelligenza nel non forzare l’animale allestrato, aspettando l’arrivo del conduttore per concludere l’azione di caccia.
Oltre ad essere un buon tracciatore, il Dachsbracke eccelle soprattutto nel segnalare l’animale nella rimessa con un abbaio a fermo, che si manifesta in maniera martellante e costante e con voce squillante, inoltre ho notato in alcuni soggetti, che istintivamente mettono in funzione la tattica del pendolo, ossia una volta trovato l’animale e segnalato con il classico abbaio a fermo, se il conduttore si trova ad una certa distanza e non si porta a ridosso del cane, quest’ultimo lascia la rimessa e si dirige dal conduttore per poi ritornare nuovamente in prossimità del selvatico riprendendo l’abbaio fermo. Questa dote dimostra una grande intelligenza tattica, perché capisce che il suo lavoro si completa solo e soltanto con la presenza del conduttore, dotato di mezzi per porre fine all’azione di caccia.
Nella mia esperienza ultradecennale, sono stati pochi i casi che sono dovuto ricorrere alle cure del veterinario, in quanto il Dachsbracke segnala la presenza degli animali sempre a distanza di sicurezza ed una volta caricati dal cinghiale la sua struttura piuttosto piccola gli consente di mettersi al sicuro sfruttando quei corridoi che si snodano sotto la folta vegetazione.
La seguita che scaturisce dopo lo scovo del selvatico, il Dachsbracke che è dotato di uno scatto da lepre, la effettua in maniera incalzante nel primo tratto, perdendo poi terreno nella fase successiva; questo aspetto presenta il suo lato positivo, ossia il selvatico non sentendosi pressato da vicino, si avvia alle poste al trotto, facilitando notevolmente il tiro.
Altro aspetto degno di nota è il rientro, che avviene sempre in maniera celere, in quanto una volta che il selvatico esce dal cerchio delle poste, esso desiste e rientra dal conduttore per riprendere un’altra azione di caccia.
Nel caso un cinghiale dovesse passare le linee delle poste e riportare delle ferite, nel Dachsbracke l’odore del sangue determina un cambiamento sistematico nel sistema centrale nervoso che, lo porta a seguire il selvatico con una avidità superiore alla norma, forse perché si rende conto che il selvatico è in difficoltà, una volta raggiunto non lo molla sino all’arrivo del conduttore, segnalandolo con un forte abbaio a fermo.-
Con il selvatico abbattuto esso si accovaccia vicino e aspetta il conduttore, non permettendo ad altri di avvicinarsi; questo dimostra nuovamente l’attaccamento morboso al conduttore.